Cloud Atlas

I fratelli Wachowski hanno abituato il pubblico ad un cinema piuttosto particolare (basti pensare a Matrix) e, tramite il sodalizio con Tom Tykwer, tornano alla rappresentazione di quella parte dell’esistenza che si realizza tra filosofia ed interconnessione. Cloud Atlas, nelle sue quasi tre ore di proiezione, ha la capacità di suscitare emozioni e reazioni differenti nella mente dello spettatore tanto da porsi agli antipodi della dualità odio-amore. L’intricata narrazione fa sì che a prendere vita siano sei storie differenti che, tuttavia, appaiono indissolubilmente legate tra loro a dimostrazione del fatto che singole azioni hanno la capacità di influire sul tempo presente passato e futuro.

Tratto dal romanzo di David Mitchell, Cloud Atlas è un monumentale affresco che mescola al suo interno svariati generi, epoche e luoghi facendo sì che l’interconnessione tra le singole parti generi una visione a dir poco suggestiva. Gli effetti speciali utilizzati sono degni di nota così come una colonna sonora che sembra essere il filo rosso conduttore capace di guidare le reincarnazioni dal finire dell’800 all’anno 2144. La scelta di un cast attoriale di indubbio livello contribuisce nettamente ad innalzare il livello dell’opera ed a far passare in secondo piano alcune sbavature in sede di sceneggiatura. Dal punto di vista registico il film tiene un buon ritmo ed è possibile cogliere al suo interno i diversi tocchi ora di Andy e Lana Wachowski ora di Tom Tykwer.

Per la particolarità della sua narrazione e realizzazione Cloud Atlas è indubbiamente un film coraggioso: elementi della filosofia new age ed esistenziale si mixano ad un genere ora fantasy, ora visionario, ora spietato e suggestivo. Nonostante qualche indubbio difetto, Cloud Atlas ha il merito di spingere lo spettatore verso un costante esercizio mentale volto a carpire intrecci e srotolare mattasse scoprendo infine un’aura liberatoria ed emozionale.