titolo originale: American History X
nazione: U.S.A.
anno: 1998
durata: 120'
genere: Drammatico
regia: Tony Kaye
cast: Edward Norton, Edward Furlong, Elliott Gould, Jennifer Lien, Avery Brooks
produzione: New Line
distribuzione: Medusa
sceneggiatura: David McKenna
montaggio: Alan Heim, Gerald B. Greenberg
fotografia: Tony Kaye
musiche: Anne Dudley
Opera prima del regista inglese Tony Kaye, American History X è un affresco crudele e spietato sulle radici dell’odio, le azioni da esso dettate e le inevitabili conseguenze. Senza la pretesa di scivolare nella retorica o nella demagogia il film analizza il fenomeno neo-nazista, purtroppo oggi drammaticamente reale, che vede a Los Angeles un gruppo di skinhead alimentare l’odio razziale verso le persone di colore.
Interamente strutturato sull’alternanza di flashback (realizzati rigorosamente in bianco e nero) e ritorni al presente, American History X mette in luce le ossessioni ed i dettami promulgati da un’insana ideologia che sfociano in una violenza inaudita mostrata in tutta la sua crudezza. Tony Kayne realizza un film decisamente forte ma riesce a farlo con maestria grazie all’utilizzo di una fotografia, una sceneggiatura ed un montaggio che reggono alla perfezione il ritmo dell’opera ed insieme sono capaci di catturare l’attenzione e la reazione dello spettatore.
Straordinaria l’interpretazione di Edward Norton. La svastica sul petto, la testa rasata e gli innumerevoli simboli nazisti che lo circondano quasi scompaiono davanti alla resa psicologica del personaggio: lo sguardo duro e spietato di Norton, l’indole violenta che praticamente trasuda da ogni movimento si contrappongono alla dolcezza e disperazione nel cercare un contatto profondo con Danny. Oltre che alla figura di Derek, sulla quale praticamente poggia l’intero film, la splendida riuscita di American History X si deve anche ad una colonna sonora che sposa alla perfezione lo scorrere delle scene contribuendo alla creazione di un’atmosfera dalla quale si rimane quasi rapiti.
Scelta coraggiosa quella del regista nel realizzare una pellicola così aspra e cruda, il risultato è però più che riuscito: non si può raccontare l’odio e la violenza senza rappresentarlo nella sua essenza e, soprattutto, non si può giungere alla comprensione delle sue radici, della spirale ossessiva con la quale cattura le sue vittime, senza prima averlo sperimentato sulla propria pelle.